C’è una magia silenziosa che vive tra le vie di Firenze, un dialogo invisibile tra regole e libertà, tra ordine e fantasia. L’ho scoperta per caso, il 13 settembre 2025, quando mi sono recato nel capoluogo toscano per assistere in tribuna stampa alla sfida di campionato Fiorentina – Napoli. Due giorni intensi, pieni di luce, arte e incontri inattesi.
Tra un vicolo e l’altro, mi sono imbattuto in qualcosa che ha fermato il mio passo: un cartello stradale, ma non come gli altri. Una freccia bianca su fondo blu, quella che normalmente impone una direzione obbligatoria, si era trasformata in una chitarra elettrica. Lì, sul metallo di un segnale, qualcuno aveva fatto vibrare l’arte.


Quel “qualcuno” era Clet Abraham, artista francese classe 1966, trapiantato a Firenze dal 2005, che ha deciso di trasformare la segnaletica urbana nel suo personale linguaggio espressivo.
Grazie a un amico, ho avuto l’occasione di incontrarlo. Nel suo studio in Via dell’Olmo, nel cuore del quartiere di San Niccolò, Clet mi ha accolto con la semplicità di chi vive l’arte come un gesto quotidiano, una necessità.
Mi ha spiegato che quella freccia-chitarra non aveva un significato preciso: “Non tutto deve avere un messaggio,” mi ha detto con un sorriso. “A volte è solo un gioco visivo. Ho visto una chitarra nella freccia, e l’ho seguita.”
Ma proprio lì, in quella casualità, ho sentito nascere una metafora.
La freccia che diventa chitarra: un invito musicale a seguire un percorso, una sinfonia della strada.
Le frecce che si incrociano come corde vibranti, i cartelli che parlano tra loro: la città come spartito vivente, in cui i veicoli e le persone sono note in continuo movimento.
Clet, con il suo gesto ironico e poetico, trasforma il traffico urbano in un concerto, un flusso armonico di direzioni, divieti e libertà.
La rivoluzione gentile di Clet
Nato in Bretagna nel 1966 e formatosi all’École des Beaux-Arts di Rennes, Clet Abraham ha portato nel cuore dell’arte contemporanea una delle idee più originali degli ultimi decenni: sovvertire i simboli dell’autorità con ironia e colore.
Attraverso adesivi rimovibili , strumenti semplici ma dirompenti, modifica i segnali stradali senza danneggiarli, restituendo loro una nuova vita.
Un “divieto d’accesso” può diventare una mela morsicata da un verme, un palco da cui spunta un omino timido, o una croce che ricorda la passione umana. Un “obbligo di direzione” si trasforma in un invito alla musica, in una chitarra che suona la libertà.









Clet dice spesso:
“Solo chi si prende troppo sul serio rischia di passare per un buffone.”
E così, con umorismo e leggerezza, smonta le rigide impalcature del potere, facendo sorridere e riflettere allo stesso tempo.
La sua arte è democratica, accessibile a tutti.
Non parla dalle pareti di un museo, ma dagli angoli delle strade, dai crocevia dove ogni giorno ci confrontiamo con le regole. È lì che Clet invita ciascuno di noi a interrogarsi: quanto spazio lasciamo alla creatività in un mondo fatto di divieti e obblighi?
Tra regole e libertà
Firenze, con i suoi monumenti eterni e le sue strade antiche, è oggi anche la tela viva delle opere di Clet. Eppure, il suo intervento non distrugge: dialoga.
La sticker art di Clet non nega la necessità delle regole, ma ne rivela la dimensione umana.
I segnali, simboli di legge e sicurezza, diventano strumenti di poesia visiva.
Attraverso la deformazione, egli ci restituisce un messaggio: dietro ogni norma esiste sempre uno spazio per la riflessione, per l’immaginazione, per il sorriso.
Clet ha saputo trovare un equilibrio raro: quello tra la ribellione e il rispetto, tra l’ironia e la consapevolezza.
E proprio per questo la sua arte funziona , perché ci sorprende, ma non ci confonde; ci provoca, ma non ci offende.
Le sue frecce, i suoi omini, i suoi divieti reinterpretati, ci ricordano che anche nel rispetto delle regole può esistere libertà.








Mentre tornavo a casa, guardando quella piccola freccia-chitarra che avevo acquistato, ho capito che Clet non vuole insegnarci a violare le regole, ma a guardarle diversamente.
I segnali stradali restano fondamentali: servono a proteggerci, a guidarci, a rendere possibile la convivenza tra le mille direzioni della vita.
Ma l’arte di Clet ci invita a qualcosa in più: a non spegnere l’immaginazione anche quando seguiamo una direzione obbligatoria.
Forse ogni freccia indica sì una strada, ma anche una possibilità.
Ogni divieto può diventare domanda.
Ogni cartello può nascondere una melodia.
E allora, mentre continuiamo a rispettare le regole della strada, impariamo da Clet a vederle con occhi nuovi, quelli dell’arte, della curiosità e della libertà.
Perché anche nel traffico della vita, può sempre nascere una canzone. E mai frase fu così veritiera: “L’arte è negli occhi di chi la sa vedere.”