Con Saturnino partendo dal basso

Incursioni nel mondo della moda, del cinema, dell’arte e dello sport. Saturnino è uno difficile da fermare. È sempre in movimento. Da anni. Da sempre. I suoi studi lo hanno portato da Ascoli Piceno a Milano. “In realtà avevo cinque anni quando mio papà mi ha iscritto all’Istituto Musicale Gaspare Spontini per studiare violino”, spiega Saturnino. “Lì, visto che mi ero mostrato da subito permeabile alla musica, mi è sempre piaciuto ascoltarla, ballarla, e grazie a mia sorella più grande che mi faceva ascoltare un sacco di cose interessanti dai cantautori italiani ai Police (lei ha sempre avuto un ascolto molto trasversale), ho iniziato a studiare violino. Perché avevamo dei violini in casa. Poi a 14 anni ho avuto l’illuminazione e mi sono avvicinato al basso elettrico perché avevo visto suonare degli amici del mio quartiere cover dei Rolling Stones e dei Van Hallen, e ho visto che erano pieno di ragazze; quindi, ho detto: devo assolutamente far parte di questo di questo gruppo di persone; non ho fatto altro che sfruttare il momento in cui il bassista ha dovuto lasciare il gruppo per fare il servizio di leva lasciando nella cantina dove si facevano le prove l’amplificatore e il suo basso. Così, il band leader, che in quel periodo era il chitarrista e non il cantante (cosa molto strana che poi ho scoperto: un sacco di band che amo come Led Zeppelin, AC/DC o Van Hallen), mi chiese se fossi in grado di tirarne giù il repertorio in una settimana per poi suonare con loro perché avevano un concerto da lì a poco, in occasione di uno sciopero studentesco. Suonammo in un cinema teatro di Ascoli Piceno dove c’erano tutte le scuole superiori”.

Frequentavi l’Istituto Tecnico-Industriale. Successivamente cosa accadde?

Che non terminai di frequentarlo. Alla fine del famoso concerto (di cui sopra, ndr) ho conosciuto forse più ragazze di quante ne avevo conosciuto fino a quel momento. Lì mi venne l’illuminazione. Dissi a me stesso: voglio fare questo per il resto della mia vita. Che è in sintesi: suonare e conoscere le ragazze”.

Qual è stata invece la prima esperienza significativa con il basso e cosa ti ha spinto a iniziare a suonare questo strumento?

Il colpo di fulmine c’è stato quando ho sentito il suono amplificato di quello strumento, cioè del basso, che nel periodo era una un basso Eko che tra l’altro è tuttora completamente rigenerato ed esposto al museo della Eko nelle Marche, amplificato con un ampli Montarbo. Sentire quelle frequenze, e arrivando da uno strumento acustico come il violino, che comunque ha un timbro molto basato sulle frequenze alte, sentire quel suono così profondo e amplificato mi diede un piacere quasi erotico e che ancora oggi, a distanza di decenni, mi suscita la stessa cosa. Quello è stato il momento proprio dell’illuminazione”.

Hai un ricordo preciso legato a un programma di Renzo Arbore.

Era Doc, aveva degli ospiti straordinari e lì, quando vidi Miles Davis con tutto il gruppo, poi Mark King, Jaco Pastorius e Stanley Clarke, e potrei fare una lista di nomi infinita, mi innamorai del mondo dei bassisti. Quando qualcuno mi chiede del mio bassista preferito, faccio come fa Nanni Moretti quando gli chiedono il suo regista preferito dice ‘il mio regista preferito è…’ e si interrompe, si zittisce. Perché sarebbe una lista troppo lunga”.

Il mondo del basso, il basso come strumento: c’è un aneddoto chiave, un momento chiave, una situazione game changer?

Un momento chiave può essere senz’altro il primo show dal vivo dei Level 42 che ho visto in vita mia. In quel periodo mio papà firmò per farmi uscire dall’ospedale perché avevo avuto qualche problema di salute, però era così forte il desiderio di poter vedere la band di Mark King dal vivo al Palaeur a Roma che feci follie. Naturalmente, andai con degli amici più grandi. Veder suonare e cantare Mark King ha avuto su di me un effetto fortissimo”.
Quindi tu entri in un concerto e poi alla fine dici: aspetta aspetta che voglio anche vedere bene il bassista.

Non lo nascondo, sono nato in provincia e cresciuto in provincia. Il mio passaggio a Milano ha cambiato un sacco di equilibri. Come canta Jennifer Lopez, ‘I’m still Jenny from the block’. E io sono ancora Saturnino da Ascoli, come Tonino Carino, quindi pensare di incontrare a distanza di anni Red Canzian con gli altri Pooh in un ristorante famoso negli anni ‘90 a Milano, che si alza e mi apostrofa con un ‘maestro, felice di conoscerti’, bene, sono soddisfazioni che non possono essere quantificate”.

Un film ti lasciò dentro un’impronta molto forte.

Era Control di Anton Corbijn, che racconta la storia dei Joy Division. Quel film mi fece cambiare completamente approccio alla musica. Dall’aspetto puramente tecnico sono passato a preoccuparmi di quella che è la linea di basso nella sua forma e nel timbro”.

Su Spotify hai fatto una playlist che hai intitolato “Coautore di questi brani”. Tuoi brani.

Sono venute fuori 6 ore e 40 di musica. Ho scoperto di essere coautore di un sacco di cose, come l’ultima in ordine di tempo, un singolo di Mina che si intitola ‘Abbandono’, e superati 50 anni succedono ancora cose che comunque mi rimettono sempre in pace col mondo, perché sentire qualcosa che è nato da me insieme a un’altra persona, ovvero cantato da una delle voci più più pazzesche della storia della musica, è impagabile”.

Qual è il segreto per creare un suono unico con il basso che ti differenzia dagli altri musicisti, come l’identità del basso tua, personale?
Partendo da un presupposto molto semplice, cioè che molti si vantano, quando ascoltano un disco, di riconoscere uno strumento. In realtà, esistono delle leggende urbane. Quando ti preoccupi di trovare un suono, fate in modo che questa cosa avvenga in un modo magari più funzionale al resto di chi sta lavorando con te in studio e poi senz’altro eliminare tutto quello che è superfluo. Spesso il basso è molto più funzionale amplificato, microfonato o addirittura in diretta dentro al banco”.

Che ruolo svolge il basso nella costruzione di una solida struttura ritmica e armonica all’interno di una canzone?

C’è una definizione che diede il bassista di Bob Marley. Diceva: la batteria è il cuore, il basso è la spina dorsale. Sono tutte cose che devono andare nella giusta direzione. Spesso in gergo si dice ‘mettere il basso in griglia’ per rendere tutto più semplice”.

Come mantieni l’ispirazione e come trovi le idee per le tue linee di basso?

Le idee non sono altro che tutto quello che tu hai ascoltato fino a quel momento. C’è una frase che ho letto che mi ha colpito molto: sei come balli. Cioè, quello che sei è quello che balli. La musica è veramente una cosa magica. Leonard Bernstein una volta disse: ‘la musica è come il sesso, i movimenti sono sempre gli stessi ma con qualcuno qualche volta è diverso’. Credo che questa sia la sintesi perfetta”.

Nel processo di registrazione in studio, come ci si differenzia da quello delle esibizioni dal vivo?

Cerco sempre di mantenerle uguali. Infatti, spesso registro in piedi, non mi siedo, a volte registro da seduto, ma poi penso sempre a qualcosa che puoi portare live con la stessa energia”.