Dal 17 al 23 novembre 2025, Milano si prepara a vivere la sua nona Milano Music Week, un evento che ormai travalica i confini del semplice festival per diventare un vero e proprio laboratorio urbano di sperimentazione musicale. L’edizione di quest’anno porta con sé un tema ambizioso, “Nuova generazione”, e la promessa di esplorare le mutazioni creative che stanno ridisegnando il panorama dell’industria discografica italiana. Ma dietro gli annunci trionfalistici e i nomi altisonanti, resta da chiedersi se questa manifestazione riuscirà davvero a mantenere le aspettative o se si limiterà a essere l’ennesima celebrazione autoreferenziale di un settore che fatica a trovare una direzione chiara.
La direzione artistica affidata a Nur Al Habash, con Tananai nel ruolo di curatore speciale, rappresenta un tentativo interessante di coinvolgere direttamente gli artisti nella costruzione dell’evento. L’apertura al Teatro Triennale Milano con il dialogo sull’intelligenza artificiale tra Tananai e Vittorio Maria Dal Maso solleva questioni cruciali per il futuro della produzione musicale, mentre il panel sui producer musicali promette di svelare i retroscena di un mestiere spesso misconosciuto al grande pubblico. Resta però il dubbio su quanto questi momenti riescano effettivamente a tradursi in riflessioni concrete piuttosto che in semplici operazioni di marketing.
L’ampliamento delle location ufficiali e il raddoppio degli appuntamenti testimoniano una volontà espansiva della manifestazione. Il coinvolgimento del Piccolo Teatro Grassi per l’anteprima dell’album live di Cesare Cremonini, gli showcase al Dazio di Levante con artisti come Sarah Toscano e Davide Ferrario, fino al party open-air davanti a Palazzina Appiani organizzato con MI AMI Festival, disegnano una mappa cittadina che attraversa centro e periferie. Proprio quest’ultimo aspetto merita attenzione: il progetto Periphonic, sostenuto da Fondazione Cariplo e concentrato sul Municipio 2, rappresenta un tentativo lodevole di democratizzare l’accesso alla musica dal vivo, portando eventi nei quartieri meno centrali come Pasteur, Via Padova e Turro. Tuttavia, viene da chiedersi se una settimana di eventi sia sufficiente a creare un impatto duraturo su territori spesso trascurati dalle grandi manifestazioni culturali, o se si tratti piuttosto di un’operazione estemporanea destinata a dissolversi una volta conclusa la Music Week.

I panel sul music business costituiscono il cuore pulsante della manifestazione, con AssoConcerti che punta i riflettori sul ruolo delle donne nel settore della musica dal vivo e sulla sostenibilità ambientale, mentre Assomusica esplora il potenziale di concerti e festival come strumenti di valorizzazione territoriale. L’intervento di Frank Briegmann, Chairman di Universal Music Central Europe, promette uno sguardo privilegiato sull’evoluzione dell’industria a livello internazionale. Eppure, nonostante l’abbondanza di incontri dedicati alle professioni musicali, persiste il sospetto che molti di questi dibattiti finiscano per parlare agli addetti ai lavori senza riuscire realmente a coinvolgere il pubblico più ampio o a proporre soluzioni innovative ai problemi strutturali del settore.
L’attenzione dedicata alla salute mentale, con la nascita di Casa Restart – Wellbeing for Music Minds presso Santeria Paladini, rappresenta una svolta significativa. Il talk tra Shablo e Alex Bellini sulla resilienza mentale, il dibattito di Rockit con Anastasio su cosa funziona e cosa no nel music business italiano, e il dialogo FIMI sull’evoluzione LGBTQ+ nell’industria discografica con BigMama e Protopapa toccano temi cruciali troppo spesso ignorati. Il primo think tank sulla parità di genere coordinato da Equaly potrebbe finalmente aprire un confronto concreto con le istituzioni, a patto che non rimanga confinato nell’ambito delle buone intenzioni.
La proliferazione di format come Diggin’ with nei negozi di dischi indipendenti e The Stereo Line nei listening bar testimonia una ricerca di nuove modalità di fruizione musicale che va oltre il concerto tradizionale. L’inclusione di percorsi pensati per bambini, con workshop di musica elettronica alla Triennale e lo Zecchino d’Oro Release Party al Teatro Franco Parenti, allarga il pubblico potenziale della manifestazione. Ma l’impressione complessiva è quella di un programma sovrabbondante, dove la quantità rischia di soffocare la qualità e dove diventa difficile per il pubblico orientarsi tra centinaia di eventi distribuiti in decine di location diverse.
Il sostegno di sponsor come UniCredit, TicketOne e la presenza di partner tecnologici come Spotify, Vevo, YouTube Music e Amazon Music garantisce alla manifestazione le risorse necessarie per operare su larga scala. L’inaugurazione del nuovo store Autry in piazza San Babila e la presenza di Jusbox Perfumes al Dazio Levante mostrano come la Music Week sia diventata anche un’occasione per brand di settori diversi di intercettare un pubblico giovane e culturalmente attivo. Linecheck Music Meeting & Festival, con i suoi sei giorni di live e incontri internazionali tra BASE Milano e altre location, aggiunge un ulteriore livello di complessità e prestigio all’intera settimana.
In definitiva, la Milano Music Week 2025 si presenta come un contenitore ambizioso che cerca di catturare tutte le sfaccettature dell’industria musicale contemporanea. La sfida sarà capire se questa proliferazione di iniziative riuscirà a creare una visione coerente del futuro della musica o se resterà un collage di eventi giustapposti, dove ogni soggetto racconta la propria storia senza riuscire a costruire un discorso collettivo davvero incisivo.


