Mustafà Gyndogdu è un tedescone di origini turche. Ama la house e si è ribattezzato Mousse T. Attualmente è uno dei produttori più richiesti.
Mousse T. è un amante delle sonorità house e in particolar modo, come lui stesso ammette, “quelle speed garage”. In veste di remixer, ricostruisce brani conferendogli sapori raffinati e con un vago sapore alternativo in cui si evidenzia il basso subsonico. Remix per terzi contraddistinti dalla classica ritmica, stesso dicasi per gli amici e soci Boris Dluglosch e Michael Lange, produzioni molto più facili invece quando si tratta di lavorare su brani inediti: è il caso di “Horny ‘98”, traccia strumentale vecchia di oltre un anno interpretata dalle Hot ‘N’ Juicy e pubblicata dalla Peppermint Jam supportata dalla Edel. “Dovevo fare qualcosa di davvero commerciale”, spiega Mousse T.
“Così ho messo nuovamente le mani su un pezzo che aveva solo bisogno di essere interpretato da buone voci. Il riff di fiati c’era già, la base anche, ho aggiunto un sample con delle bolle e una melodia che credo sia davvero facile. E pensare che questo cambio di rotta per la Peppermint Jam, nata nel ’94, risale agli ultimi mesi del ’97, perché prima la nostra società era specializzata solo in remix e produzioni destinate esclusivamente ai club. Ai tempi erano in molti a dirmi che facevo cose troppo di tendenza. ‘Horny’ è stata la mia risposta”.
Un’altra risposta è questa house made in Germany, che nasce proprio nella patria della techno più esasperata. “La mia nazione sino a un ventennio fa era nota solo per quello che aveva combinato Hitler durante la Guerra Mondiale, poi c’è stata questa invasione di techno teutonica nata con i Kraftwerk e cresciuta a suon di rave e locali alternativi. Per questo penso che noi della Peppermint Jam abbiamo contribuito largamente alla diffusione e alla credibilità della house tedesca. La Germania non è l’Inghilterra né gli Stati Uniti”.
Occupato a registrare i nuovi album di Bootsy Collins e Randy Carwford, recentemente aveva deciso di accantonare l’attività di remixer per problemi di tempo. “E’ l’unico produttore/remixer in questo momento che davvero sa come lavorare sulle voci”, ha detto Little Louie Vega. “Chi è questo ragazzo? Il suo lavoro è grande”, si è chiesto Quincy Jones a Miami durante l’ultimo Winter Music Conference. “‘Cold Rock A-Party’ era già un hit ma dopo che quel ragazzo ci ha messo le mani è diventato un classico”, ha ricordato Puff Daddy. E dopo tanti remix e dopo aver lavorato all’ombra di Boris Dlugosch e Michael Lange, quel ragazzo viene allo scoperto. “Quel ragazzo”, Mousse T., sbanca nelle chart con “Horny ‘98”.
L’inedito “Everybody” e “Can I Get A Witness” di Ann Nesby sono invece i suoi vecchi cavalli di battaglia, come del resto le composizioni per Grant Nelson e Federation X. “Mi piace ogni cosa. Ascolto di tutto. Non penso comunque di essere l’unico dj e produttore a farsi influenzare da ogni genere musicale. E’ ovvio che anche io abbia delle preferenze. Una cosa è certa e cerco di analizzarla in ogni produzione: la linea di basso. Ascoltando un basso si riesce subito a comprendere lo stile e il genere musicale che si andrà ad ascoltare. Io sono un bass-man, un motivo in più per spiegare il motivo per cui mi sono pazzamente innamorato della speed r’n’b che in molti chiamano two-step garage. Se nessuno la conosce, gli consiglio di ascoltare la versione Flava Mix di ‘Teardrops’ dei Lovestation e ‘Never Gone Let You Go’ di Tina Moore. Ritmica minimale e bassi che ricordano certamente quelli enfatizzati dai sound-system usati nella drum’n’bass. La souno da poco ma so che esiste da alcuni anni, le radici sono da ricercare nella black music”.
Mousse T., dopo il successo da solista, torna a rivisitare canzoni pop: Gloria Estefan fino ad arrivare a progetti come D-Influence e alle richieste di Micheal Jackson ed En Vogue. Poi, dopo tutto, il suo album al quale hanno preso parte i Daft Punk, Bootsy Collins e Monie Love. “Non voglio realizzare un album dance oppure house, non voglio fare qualcosa di scontato e non voglio essere classificato e schiacciato in una categoria. Voglio qualcosa di forte, che possa lasciare il segno. Secondo me dovremmo iniziare a ragionare tutti in questa maniera: noi addetti ai lavori, e qui chiamo in causa discografici, musicisti, dj e produttori, dobbiamo ricordarci che la musica è arte e non solo business. Insomma, voglio che coloro che acquisteranno il mio album dicano: ‘wow, che figata, canzoni così non le avevo mai sentite’”.