Renato Caruso quando la musica incontra i numeri

Il 24 novembre a Milano la presentazione del nuovo libro “L’Algoritmo della Musica Da Pitagora all’Intelligenza Artificiale”

C’è un punto in cui l’arte smette di essere soltanto emozione e si rivela per ciò che è davvero: una forma di intelligenza, un calcolo armonico dell’anima. È esattamente in quel punto che nasce il nuovo libro di Renato Caruso, chitarrista, compositore e tra i più originali divulgatori scientifico-musicali del panorama italiano.

“L’Algoritmo della Musica, Da Pitagora all’Intelligenza Artificiale”, edito da Tsunami Edizioni, sarà disponibile in libreria e negli store digitali dal 21 novembre, e verrà presentato ufficialmente lunedì 24 novembre alle 18.30 al Gogol’Ostello Spazio Culturale di Milano (Viale Bligny 41).

All’incontro, a ingresso libero fino a esaurimento posti, interverranno oltre all’autore anche l’imprenditore Giovanni Favero e l’editore Eugenio Monti.

Per prenotazioni: gogol.milano@gmail.com.

Un viaggio tra filosofia, matematica e vibrazioni

Il nuovo lavoro di Caruso si apre con una domanda antica quanto la musica stessa: che cosa lega un suono alla sua forma?

Per rispondere, l’autore accompagna il lettore in un percorso che parte da Pitagora, dal potere mistico delle sue corde vibranti, e arriva fino alle più avanzate frontiere della moderna Intelligenza Artificiale.

Il libro analizza come oggi la composizione, l’ascolto e persino la percezione musicale siano attraversati da processi algoritmici che modellano l’esperienza sonora. Numeri e note, codice e creatività: due linguaggi solo apparentemente distanti, che Caruso intreccia con chiarezza e meraviglia.

La struttura del volume è un’immersione interdisciplinare:

acustica,

teoria musicale,

matematica delle armonie,

fisica del suono,

tecnologie digitali e algoritmi generativi.

«La musica non è soltanto emozione: è calcolo, struttura, armonia, afferma l’autore, ma dentro ogni formula resta un margine di imprevedibilità che è la vera anima dell’arte».

Una dichiarazione che riassume perfettamente lo spirito dell’opera: la musica come ponte tra razionalità e mistero.

Renato Caruso: l’uomo che unisce scienza e poesia sonora

Nato a Crotone nel 1982, Caruso si muove da sempre su un confine affascinante: quello tra ricerca scientifica e sensibilità artistica.

Diplomato in chitarra classica e laureato in informatica e informatica musicale, ha lavorato all’Università di Milano-Bicocca, scritto articoli e tenuto seminari sulla relazione tra musica, matematica e tecnologia.

Ha collaborato con festival, accademie, trasmissioni televisive e artisti del calibro di Alex BrittiFrancesco De Gregori ed Eugenio Finardi, affiancando alla carriera accademica quella concertistica.

Il suo percorso discografico è una costellazione di opere dedicate ai grandi pensatori della scienza: Aram (2016), Pitagora Pensaci Tu (2018), Grazie Turing (2021), Thanks Galilei (2023), La Teoria del Big Chord (2024).

Parallelamente, ha pubblicato libri che esplorano il rapporto tra musica e conoscenza: #Diesis o Hashtag (2021), Tempo – Musica: Il Relativismo Musicale (2023), Canto del Benessere e Vibralchimia Interiore (2024).

Caruso appartiene a quella rara categoria di artisti che vedono nella musica non solo un’arte, ma un codice cosmico, un algoritmo emotivo che attraversa epoche e civiltà per arrivare fino a noi.

La presentazione del 24 novembre: un appuntamento per chi ama pensare la musica

La data al Gogol’Ostello si preannuncia come più di una semplice presentazione: sarà un incontro tra idee, suoni e visioni. Un dialogo aperto su ciò che la musica è stata, e su ciò che potrebbe diventare nell’epoca dell’intelligenza artificiale.

Perché, come sosteneva Pitagora, «tutto è numero». E Renato Caruso, oggi, ci ricorda che tutto è anche musica.

Intervista a Renato Caruso.

1. La musica è matematica, ma anche mistero: in quale momento, mentre crei, senti che la formula lascia spazio all’anima?

La matematica è la struttura, il pavimento su cui cammino quando faccio musica. Ma l’ispirazione arriva quando smetto di guardare dove metto i piedi. Nel momento in cui compongo o improvviso, non penso più a rapporti numerici, simmetrie o algoritmi: lì lascio che l’istinto prenda il sopravvento. È l’attimo in cui una nota non “funziona” perché è corretta, ma perché parla. La formula diventa anima quando non cerchi più la soluzione, ma la risonanza emotiva. È un passaggio invisibile: si parte dalla logica, ma si atterra sull’emozione.

2. Nel tuo viaggio da Pitagora all’Intelligenza Artificiale, qual è la scoperta che più ti ha cambiato come uomo, non solo come musicista?

La scoperta più grande è che tutto vibra con la stessa legge: l’universo, il pensiero umano e la musica. Pitagora, Keplero, Newton hanno cercato quella legge con i numeri; oggi l’intelligenza artificiale la esplora con i modelli. Io, come musicista, con le note. Ma come uomo ho capito che non siamo noi a creare la musica: la intercettiamo. È già lì. La scienza ti aiuta a vederne la struttura, ma la musica ti insegna che dentro quella struttura c’è qualcosa che sfugge. Quello che mi ha cambiato è accettarlo: il mistero non va risolto, va ascoltato.

3. Esiste un suono, un accordo o una vibrazione che senti davvero “tuo”, come se ti appartenesse da sempre?

Sì, esiste. Non è un accordo specifico, è una cadenza, un modo di passare da una nota all’altra. È come un gesto musicale che ritorna sempre, anche senza volerlo, quasi fosse una firma non scritta. Lo ritrovo spesso nelle mie improvvisazioni, e non viene da uno studio o da una scelta razionale. È una specie di eco interiore. Come se quella vibrazione mi precedesse, e io non facessi altro che risuonare con qualcosa che c’è già stato prima di me.

4. Quanto c’è della tua storia personale dentro le pagine di L’Algoritmo della Musica? E quanto ti ha richiesto il coraggio di metterti a nudo?

C’è molto più di quanto possa sembrare. Non tanto in forma autobiografica, ma nelle scelte, nei collegamenti, nel modo in cui tratto la materia. Scrivere di scienza e musica vuol dire raccontare come io stesso ho vissuto questa fusione: da chitarrista, da informatico, da cercatore. Il coraggio non è stato nel parlare di dati o equazioni, ma nel mostrare che dietro quei calcoli c’è un’urgenza personale. Parlare di Pitagora o dell’AI è una cosa; ammettere che la musica è il mio modo per cercare un senso, è un’altra. In questo sì, mi sono messo a nudo.

5. Se la musica è un algoritmo, dove si nasconde, secondo te, quella scintilla imprevedibile che rende ognuno di noi unico?

Si nasconde nell’errore. Nei dettagli non programmabili: una variazione minima nel tocco, una nota suonata leggermente prima, un respiro fuori tempo. È lì che la musica diventa vita. L’algoritmo può generare infinite combinazioni, ma non può desiderare. La scintilla nasce dal desiderio di dire qualcosa che non esiste ancora. È il momento in cui non segui la strada più probabile, ma quella più tua. Lì l’algoritmo si ferma, e l’essere umano comincia.