“L’estate della pioggia”, un romanzo dove l’amore distrugge

La storia di Ancilla, ispirata a una figura reale di cui restano solo un anello e un baule di biancheria, si dipana in undici capitoli come un lento, inesorabile avvicinarsi alla tempesta. In un panorama letterario spesso incline al lieto fine, Maddalena Baldini con “L’estate della pioggia” compie una scelta coraggiosa e tagliente, immergendo il lettore in un caldo opprimente che non dà tregua, proprio come l’amore che racconta. Attorno ad Ancilla, un coro di figure femminili ben definite – l’amica Edda e la vicina Polonia – mentre i personaggi maschili, incluso il maresciallo, rimangono volutamente senza nome, fantasmi in un mondo dove le donne sono le uniche detentrici di un’identità e di un destino.

La narrazione, inizialmente fluida e punteggiata da una vena d’ilarità, si fa gradualmente più intensa e carica di significati, scandita da una quotidianità agreste che nasconde segreti, sensi di colpa e il ricordo di una gioia ormai remota. L’amicizia sembra l’unica àncora di salvezza, ma viene strappata via da una morte violenta, lasciando la protagonista in balia di un sentimento distorto. Qui l’amore non redime: ferisce, condiziona, ha il sapore della beffa e dell’oltraggio, simboleggiato da una pioggia estiva che non rinfranca, ma porta con sé un odore acre e fastidioso, come quello di una pozza putrida. Un fetore che, metaforicamente, rimarrà per sempre nelle narici di chi perde il senno, in un crescendo di follia e disperazione che la Baldini tratteggia con uno stile immaginifico e crudele, già premiato da importanti riconoscimenti letterari.

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